9 Dicembre 2013 – La verità sul viaggio

…è che ne intraprendiamo tutti uno, anche senza volerlo.

Poi c’è chi lo prosegue, lo arricchisce, lo complica, e non potrebbe fare altrimenti. Ti senti speciale, nelle tue strade tortuose, ti senti unico, che spesso fa rima con solo, fino a quando non incontri qualcun altro che ridimensiona la tua realtà. Quello stesso cammino che ti sembrava un’impresa lunghissima diventano passi da condividere, o percorsi intrapresi a distanza pur avendo calpestato lo stesso terriccio, scalato le stesse rocce, piantato le stesse tende, imboccato gli stessi bivi. Senza sapere che esistessimo.

Quel qualcuno è sempre più matto di te, è l’altro, il tuo alter ego. Ti spinge a salire fino in cima, ad assecondare il battito del tuo cuore che non accelera così facilmente come puoi credere. Quel qualcuno crede sempre di aver fatto meno di ciò che ha sul serio intrapreso, cancella il tempo coi suoi racconti di viaggio da cui non è mai più tornato. I viaggiatori si incontrano così, per una serata sola che riescono a dedicarsi, per quel tempo prezioso fatto di incroci sporadici. 

Sven è il quarto coinquilino in sette mesi, la quarta persona che ha riempito il vuoto di questo bilocale che è stato mio, mio rifugio, mia tana…mia casa, si può dire. Un ambiente armonioso quanto poco convenzionale, circondato dalle scarpe dei bambini turchi che prima giocavano sul marciapiedi ed ora si incontrano sulle scale del pianerottolo a scambiarsi consigli sui videogiochi.

Sven esce ogni mattina alle 7, fa l’ingegnere meccanico ed è al suo primo lavoro, di cui lamenta i miei stessi disagi. Lui che, però, è tedesco, di un villaggio di 300 anime attaccato a Berlino. Sven è stato un punto interrogativo sin dall’inizio, mentre si aggirava per l’appartamento col suo marsupio intorno ai fianchi, un outfit discutibile, un sacco di domande, e tanti atteggiamenti che mi ricordano la persona più importante della mia “vita precedente” con cui, nel bene e nel male, ho imparato cos’è l’amore. 

Chiuso nella sua stanza per sere intere, è uscito allo scoperto con un tesoro: il suo tour in bicicletta attorno al mar Baltico, toccando quasi 10 Paesi (perché poi c’ha preso gusto) in 4 mesi, da solo, in una sfida con se stesso. Mi racconta perché ha scelto di partire, di quando ha perso la bussola – nel vero senso della parola – quando gli hanno rubato un paio di guanti, quando pensava di aver preso una multa in Inghilterra per aver “abbandonato” la bicicletta in stazione senza legarla per andare a pisciare, quando ha scalato il Preikestolen (anche lui!), quando ha incontrato i due amici estoni con cui ha pedalato un po’ senza farsi piacevolmente distrarre dalla musica nelle cuffie. 

“Ci sono stati giorni duri. Ma certo, me l’ero cercata. Il viaggio era stata una mia scelta, perciò stava a me ritrovare la motivazione che avevo perso, anche sotto la pioggia, anche di fronte alle disgrazie che non mi sarei aspettato”.

Ed ecco che i Viaggiatori con la V maiuscola hanno firmato un patto con loro stessi. Non possono cedere, si tradirebbero. Poi, però, almeno si lamentano, si sfogano, si confessano reciprocamente le loro fragilità, e si consolano a sapere che essere Viaggiatori non vuol dire essere Super Eroi bensì tornare all’umanità, nella sua massima labile espressione, precaria quanto forte, incerta quanto decisa, umile quanto orgogliosa, generosa quanto egoista.

Ed ecco che i Viaggiatori si separano dopo poco tragitto: lui si rimette il suite che ha indossato per tornare a casa dai genitori, senza però farsi barba e capelli, selvaggio com’era diventato fra un campeggio e l’altro. Ora ha un aspetto good looking, dice, e gli piace camuffarsi in questa maschera quotidiana che vestono tutti gli altri, perché ha un tale equilibrio da sapersela togliere senza farsi intaccare da essa. Mi va bene così, per ora sento di aver visto abbastanza, quando ne avevo voglia. 

La viaggiatrice spezza le parole con gli strappi dell’orribile scotch marrone da pacchi. Lei ne vuole ancora. Affamata di possibilità, non riesce ad ucciderle con una sola scelta. Deve ancora esplorare, cambiare, imparare, tornare – di tanto in tanto – inseguendo la sua irrequietezza di viaggiatrice, forse con la v minuscola. Deve proprio andare, andare, andare.