Guai a saltare una tappa, bisogna sempre raggiungere il fondo per darsi la spinta a risalire.
Funziona così per quelli che, come noi, decidono di vivere all’ennesima potenza, fino ad arrivare a punti di non ritorno.
Irreversibilità, si chiama.
Oggi sento di aver toccato un altro punto, anzi, di aver toccato tutti gli abissi sempre più infimi dell’ultimo mese e con uno sfogo ad alta voce sparso nella nuvolaglia che tornava a coprire il sole, e le povere orecchie di un ragazzo glabro che passeggiava il suo cane sulla spiaggia, ho urlato tutto quello che non andava. Che non va da un bel pezzo, ormai.
Vivo situazioni di un certo peso che metterebbero a dura prova chiunque, ho tutti i motivi per essere in panne, per essere la bisbetica indomabile che si aggira per casa, ho tutte le ragioni per essere stanca a prescindere dal fatto che sia aprile e ci sia il cambio di stagione. Ho tutte le ragioni per dire basta: basta a questo trottolare, tergiversare, basta non vivere il presente ed essere proiettati sempre verso la prossima meta, basta progettare, programmare, voler essere sempre in un posto diverso rispetto a quello che occupo ora, basta.
Bisogna prendere atto che neanche questo è il mio posto, casa mia, come sapevo sin dal principio. Ci sono nata, in fondo, e da qui sono scappata verso tutto il resto. Non è il posto di nessuno che abbia visto come funzioni il mondo al di fuori di questi confini. E se è una sindrome collettiva, basta accettare di esserne affetti: il mio paesino è un percorso ad ostacoli sin dal taglio del cordone ombelicale: sopravvivi se a 18 anni decidi di guardare oltre vedendo tutto con gli occhi di uno del posto. Questo ti apre mille porte, ti dà mille chiavi, ma non ti permette di poterti riadattare alla realtà che hai lasciato indietro.
Perciò, credo di segnare una data importante prima di questo maggio in cui non ci sarà più alcuna scusa per essere stanchi, e, forse, per non essere felici. Su quella strada di ritorno dal mare, tutto mi è apparso più chiaro: quello che cerco è introvabile nella condizione in cui affronto ora l’esistenza. La mia instabilità è palpabile: e c’è gente che si è innamorata in guerra, racconta il partigiano dello spettacolo che sono andata ad applaudire. Eppure era più stabile di me.
C’è un futuro subito dopo tutta questa confusione prolungata, che si sta formando come un feto e ha la sostanza di una vita da costruire, finalmente. Lo sento, dentro – e fuori da ogni blasfemia, non sono la Vergine Maria.
Si è detto:
– mai più orari e previsioni meteo di altri luoghi che non siano questo sulla schermata del mio smartphone. Questo è il mio luogo impostato. Tutt’al più si può conservare la clemenza dello sfondo fiorato sulla cima imbiancata del vulcano Lanìn (Argentina)
– ho inoltrato le mie ultime candidature. D’ora in poi, BASTA, tranne fosse per l’impiego dell’esistenza. Basta “applicare” per qualsiasi cosa si muova in qualunque posto, basta con questo affanno della ricerca, basta.
– basta mettere carne al fuoco. L’asado è finito, non è più tempo per visitare posti nuovi. Ho esaurito la mia autonoma di invaghimento ed innamoramento per luoghi in cui non vivrò e persone che non rivedrò. Ciò che mi ha arricchito in passato ora finisce per sfiancarmi. Come dice un’amica: sei partita per cercare energia, e torni in deficit. E’ tempo di invertire il senso di marcia: sono tornata già indietro, bisogna capire come e dove andare avanti senza più farsi del male.
– non è una sconfitta: si chiama normalità. Va bene puntare alto, ma rischi che lo sputo ti ricada in faccia. A un certo punto non c’è niente di bello nell’essere straordinari. Farò la magistrale, tornerò a Roma. Punto.
– Per la stessa ragione, il viaggio in Israele dovrà aspettare. E forse pure il secondo ad Istanbul. Basta voli, basta partenze.
– Non è tempo di fermarsi, ma è tempo di tornare a respirare. Finora è come se fossi stata in apnea. Adrenalinico, ma innaturare, e anche mortale, a lungo andare.
– Continuerò a scrivere, però. Continuerò a credere che quel libro sia venuto a bussare alla mia porta. Coi suoi tempi, con le sue voglie. Sfogherò le frustrazioni che non vale più la pena di spiegare ed esprimerò così quello che sarebbe dovuto accadere.
Scriverò.