21 giugno 2013 – L´artefice

L’ago del diagramma traccia a poco a poco
gli zigzag previsti?

Un quesito importante sussurrato all´orecchio da un´amica e suggerito da quella voce che ho dovuto lasciare sul comodino ad impolverare. Quel blocco indispensabile che torneró a riprendere, beffa del peso da rispettare, delle dimensioni da riempire.

É stata una settimana cruciale che avrei dovuto raccontare ad ogni singola tappa, ogni piccolo mattoncino posto su questo muro che sembra ergersi da solo e senza malta. In realtá, mai come in questo momento della mia vita, sono stata artefice del mio destino e tutto quello che é capitato é successo perché l´ho fortemente voluto, perché ci ho lavorato sú.

L´ultimo volo di sola andata che ho preso per Amburgo ormai piú di un mese fa aveva stiracchiato le sue ali sotto il presagio di una botta di culo, una scommessa, un tentativo. Una serie di segni indecifrabili che ancora non fanno completamente quadrare il cerchio, ma cominciano ad assumere un loro significato. Nonostante i capricci che un nuovo inizio, un nuovo Paese (spesso umanamente ostile) e una prima esperienza di lavoro meno soddisfacente del previsto mi hanno portata a contenere nei pugni stretti in cui ho scritto le scorse pagine e sfogato le mie frustrazioni, la Germania mi ha piú dato che tolto. Anzi, mi ha dato tantissimo.

Qui le prospettive sono diverse, qui le prospettive ci sono. Non é lo stereotipo dell´italiano in fuga che vede tutto nero dietro di sé: é piú che altro la lenta consapevolezza di essere stati bistrattati per lungo tempo, tanto da arrivare qui come bocconi appetitosi per i datori di lavoro perché ci sembra di non doverci lamentare di nulla, né di poter pretendere piú di quello che abbiamo. E invece no. Invece si possono puntare i piedi, guardare alto, anche da praktikum.

Io un´altra possibilitá a questa Italia gliel´avevo data. La risposta é stata un soddisfacente ní, ma senza il becco di un quattrino. Cosí ho capito che la mia nostalgica indole verso la carta stampata é legata ad un´idea di giornalismo che non esiste piú: almeno in Italia. Nessuno piú arriva la mattina in redazione per sedersi alla scrivania ed elaborare un articolo piú o meno geniale che assumerá l´odore penetrante dell´inchiostro nella stampa della notte. Non é piú una professione, ma un hobby, mascherato dalla dicitura del freelance.

Il nostro tempo é un altro, e tocca adeguarsi a ció che ci viene richiesto, a patto che ci piaccia, che ci gratifichi, che rispetti la nostra indole.

Cosí ho trovato un altro percorso da intraprendere. Un´ altra vetta da conquistare, restando alle pendici della stessa montagna. Resteró ad Amburgo per un´altra sfida, fino al Natale.

Alla lettura dell´ennesima mail fortemente attesa, preceduta dal mio primo vero colloquio di lavoro in cui l´ansia delle interrogazioni scolastiche e degli esami universitari si condensava nelle stesse fitte allo stomaco, ma mi vedeva in tailleur e tacchi alti, é seguita una potente crisi esistenziale.

Per la prima volta ho avvertito il distacco con la mia Terra. E´ uno scossone alla bussola, una direzione ben precisa, verso Nord.

Un anno fa ne ammiravo in sole di mezzanotte, e non avrei pronosticato neppure l´1% di quello che é la mia vita oggi. Ha del miracoloso, ma mi spaventa un po´. Vuol dire che tutto puó accadere sempre, nel bene e nel male, eppure sento di avere in pugno il mio piccone e di scegliere io dove puntare. E percuotere, sempre nello stesso punto, fino a perforare la roccia. Con una determinazione sciocca, una spinta apparentemente immotivata. Quando la spacchi, puoi ammirarla in frantumi e compiacerti della tua forza, o trovare un tesoro che non immaginavi.